“Cammino per Tegola, la mia migliore amica” la storia di Federica

Chiamamite” è una clown di Nasienasi. Al secolo è Federica Binelle, veneta cittadina del mondo, entrata in questa associazione dopo la scomparsa della sua migliore amica, Miriam Galli, “Tegola”. Ha adottato 2 bambine e sostiene una realtà lontana sul sito www.tribudelmondo.it 

Federica volontaria clown

“A Tegola piaceva molto camminare – mi dice quando la incontro – Il mio entrare in Nasienasi è un continuare il suo cammino, con modi diversi. Lei, con il suo sorriso e la sua dolcezza era unica. Io sto camminando con lei e per lei, con le sue ali, dandomi la possibilità di scoprire un mondo di gioia, amore, sorrisi e positività”

Fino a quest’anno, però, Federica, mamma di Alice e Providence, oggi adolescenti adottate in Congo, moglie di Max e dipendente del Monte dei Paschi, si era dedicata ad un altro tipo di volontariato.

Federica con le sue splendide figlie

Quando io e Max ci siamo sposati, oltre a giurarci amore eterno, ci siamo promessi di costruire una famiglia colorata. Abbiamo così deciso di intraprendere il percorso che ci ha condotto all’adozione delle nostre splendide gemelle. Erano piccolissime e stavano nell’orfanotrofio Casa Marisa, diretto da Suor Benedetta, a Kinshasa, la capitale del Congo. Le abbiamo conosciute un caldo pomeriggio di giugno dopo un viaggio durato un giorno intero.”

Un gesto magnifico, l’adozione, ma che collegamento c’è con il volontariato?

Quel giorno, quando siamo arrivati a Casa Marisa, mentre aspettavamo di varcare il cancello rosso, sentivamo in lontananza moltissime vocine urlare, ridere e cantare canzoncine allegre e anche un po’ stonate. Il cuore ci batteva a mille e infine abbiamo varcato il portone. I bambini ospiti dell’orfanotrofio ci vennero incontro, quasi a stringerci in un abbraccio simbolico.  Tra quei volti abbiamo iniziato a cercare quelli delle nostre bambine: avevamo imparato a conoscerli da una fotografia che ci avevano inviato. L’avevamo guardata e riguardata, quasi a coccolarle da lontano. Alice, intraprendente, si fece avanti e balzò in braccio a Max, scrutandolo con estrema curiosità; Providence, invece, rimase aggrappata a una maman, una delle ragazze che accudivano i bambini. Dopo qualche ora, ho potuto prendere in braccio le mie bambine: un vero dono del destino. Ma non potevamo ripartire subito con loro. Era necessario intraprendere un percorso, per così dire, di avvicinamento. Abbiamo deciso di non andare in albergo, ma di vivere all’interno di Casa Marisa. Abbiamo mangiato, dormito, giocato insieme a tutti quei bambini.”

Come si vive in un orfanotrofio?

Oggi, a distanza di dodici anni, le cose sono un po’ diverse, ma allora la condizione in cui crescevano quei bambini, circa centoventi di età diverse, erano  non facili . Per esempio, non esistevano dei veri e propri bagni: il bagno era un buco. A letto andavano prestissimo. Io e Max condividemmo la vita con loro, seguendo gli stessi ritmi. Però abbiamo deciso di dare una mano: per esempio abbiamo rimesso a posto le camere. Insomma, abbiamo anche dato un segnale a chi viveva in Casa Marisa in modo che, pur nelle ristrettezza, i bambini potessero stare meglio.”

E mentre eravate a Kinshasa avete conosciuto anche un’altra realtà…

Sì, mentre eravamo a Casa Marisa ci è stata raccontata la realtà di una Casa accoglienza, quella di Goma, sul confine tra Congo, Ruanda e Uganda”.

Dopo un mese, siete rientrati in Italia.

Sì, con il cuore gonfio, abbiamo lasciato alle nostre spalle tutti quei bambini. E non è facile lasciarsi alle spalle tutte quelle creature.  L’istinto ti spingerebbe a portarteli tutti con te, ognuno con la sua storia, i suoi occhi, il suo sorriso. Ma non è possibile. E siccome Casa Marisa è stata per noi un posto magico, un castello incantato dove abbiamo iniziato la nostra favola di famiglia, abbiamo voluto fare qualcosa. Non c’erano letti, non c’erano bagni, ci si lavava a fatica e quel poco che c’era da mangiare lo si divideva, come una grande famiglia, per noi era, ed è tutt’ora, un posto meraviglioso, dove due splendide creature alle quali non abbiamo dato la vita, ma che la vita ci ha donato, stavano aspettando noi. Dovevamo qualcosa a quella comunità che aveva preservato le nostre figlie, fino al nostro arrivo. Al rientro dal nostro viaggio, assieme ad altre tre coppie che avevano intrapreso lo stesso nostro percorso, abbiamo pensato che avremmo potuto seriamente aiutare tutti quei bambini che erano rimasti a Casa Marisa e a Goma, in attesa dell’amore e del calore di una mamma e un papà. È così che è nata l’Associazione Tribù del Mondo, che tra l’altro è fondamentale, ora che le adozioni dal Congo sono chiuse.”

Un’associazione di cui Federica è presidente.

Sì un’associazione che nasce con un obiettivo: sostenere economicamente, ma non solo, Casa Marisa e la Casa accoglienza di Goma.  Dopo che la politica ha proibito le adozioni, che erano uno dei pochissimi modi con cui l’orfanotrofio si sosteneva economicamente, è diventato fondamentale trovare fondi e finanziamenti per Casa Marisa e Goma. Noi facciamo la nostra parte, soprattutto grazie all’impegno e alla generosità delle persone che ci aiutano in questo cammino. In questi anni, dodici da quando siamo nati, siamo riusciti a costruire e realizzare qualcosa di bello e soprattutto di utile, che ha sensibilmente migliorato la vita all’interno dell’orfanotrofio. Cibo, acqua, cure sanitarie ed istruzione sono state le nostre priorità fin da subito, convinti del fatto che fossero le risorse principali per migliorare le condizioni generali della struttura e della vita dei bambini di Casa Marisa.”

In che modo riuscite a raccogliere i fondi per finanziare le iniziative a supporto di Casa Marisa e della Casa accoglienza di Goma?

Innanzitutto in occasione delle feste comandate: vendiamo i dolci della tradizione, le Uova a Pasqua, i Panettoni e i Pandori a Natale; poi realizziamo bomboniere e gadget, oltre alle “Marise”, bambole di pezza di Casa Marisa, fatte a mano e tutte diverse, che vengono vendute accompagnate da un biglietto che spiega come esse siano realizzate per sostenere Casa Marisa. Devo sinceramente dire che Siena si è dimostrata tanto ricettiva e solidale.”

Ma come riuscite a realizzare e a vendere i vostri prodotti?

Io realizzo le Marise e le bomboniere, ma non sono sola: mi aiutano tre meravigliose ragazze, Giulia, Cristiana e Gerardina. E poi è il passaparola che ci fa vendere. E anche internet. Abbiamo un sito: www.tribudelmondo.it e anche due pagine di Facebook: Tribù del mondo e Le Marise di Tribù del Mondo. Grazie alle offerte, in questi anni è stato fatto tanto: tutti i ragazzi dai 6 ai 18 anni vanno a scuola, vengono organizzati corsi di inglese e di informatica, alcuni addirittura si sono iscritti all’università. Sono stati costruiti i bagni, comprati nuovi letti e materassi, abbiamo portato l’acqua corrente, abbiamo costruito una lavanderia e un piccolo pollaio. È stato inoltre acquistato un terreno sul quale i ragazzi più grandi stanno muovendo i primi passi nel mondo dell’agricoltura sia per aiutare a sostenere l’orfanotrofio sia per imparare un mestiere che gli sarà utile una volta terminata la scuola superiore.  E poi, lo scorso anno, quando Tegola ci ha lasciati, è stato realizzato un evento per raccogliere fondi: metà sono stati destinati a Tribù del mondo e Tribù del mondo li ha destinati alla costruzione di una cucina.”

E ora Federica è diventata anche un clown di Nasienasi e regala il suo tempo e il suo sorriso a chi ne ha bisogno.

Sono due modi diversi di fare volontariato. L’attività della Tribù è importantissima, ma con Nasienasi sperimento il sorriso delle persone, ho la percezione immediata della ricaduta positiva del mio agire. Finché non lo si fa, non si capisce, ma ora so che, quando si fa volontariato, si riceve più di quanto si dona.”

Marina Berti

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