“Mio padre, Stefano Bellaveglia, è morto, nel giugno del 2006”. Così inizia il bellissimo racconto di Marta che affida a Sienasociale le sue emozioni: quelle di una donna che, nel solco del bene fatto da suo padre, ha continuato e continua ad impegnarsi per i più fragili. Ecco la sua storia
Non so neanche da dove iniziare, non so mai da dove iniziare quando mi ritrovo a fare delle riflessioni sulla mia vita, sulla mia storia. Quel “non concluso”, non finito, che si aggira dentro e attorno a me, mi impedisce spesso di essere obiettiva e di poter lasciare andare le emozioni come dovrebbero andare. Riuscire quindi ad incanalarle e farle fluire dentro di me, limpide come l’acqua ma pesanti come macigni.
Mio padre, Stefano Bellaveglia, è morto, nel giugno del 2006. Mio Babbo, ex amministratore delegato e vicepresidente di Banca Monte dei Paschi di Siena e futuro Presidente di Hopa a Brescia, è stato portato via da una forma molto aggressiva di malaria, contratta in Congo mentre cercava di portare aiuto alle popolazioni del luogo, in particolare ai bambini per i quali aveva un debole. I bambini in Congo hanno sorti terribili, se non vengono rapiti o stuprati o utilizzati per ricambio di organi, quasi il 70% di loro diventano soldati, a qualsiasi età, e sono costretti a fare e subire violenze inimmaginabili.
Babbo si perdeva in quegli occhi profondi, neri e tristi ed io ho capito solo molto tempo dopo del perché è tornato più volte in quel posto per cercare di far sorridere quei faccini.
L’ultima volta che è stato in Congo, quindi quando ha preso la malaria, mi ha chiamato: non riusciva a comunicare con un bimbo che parlava francese, io che lo avevo studiato alle medie ho cercato di aiutarlo come potevo per fare sì che i due si capissero.. poi me lo ha passato, il bimbo si chiamava Stephane, la versione francese di Stefano, e sono arrivata alla conclusione che, anche se si stavano capendo poco, si stavano divertendo tantissimo ed in sottofondo babbo cantava “Finchè la barca va” di Orietta Berti scatenando la gioia e l’ilarità di tutti i bambini presenti.
Babbo era così, con poco faceva sempre tanto: io cercavo di vederlo il più possibile anche se il suo ruolo ed i suoi impegni spesso me lo impedivano. Comunque, il tempo, anche se poco, passato con lui era straordinario. Non solo era simpatico, pronto allo scherzo e alla risata ironica ed autoironica, ma sapeva anche infondermi tutta la forza ed il coraggio quando ne avevo bisogno, quel coraggio che ho sempre creduto di poter ricevere solo da lui. Anche adesso, che lui non è più qui con me, riesco a trarre tutta la forza che ho dalla Fondazione che porta il suo nome, Fondazione Stefano Bellaveglia onlus, e che attualmente si sta occupando dei bambini ricoverati nel reparto di oncologia pediatrica a Pristina in Kosovo. Insieme alla borsa di studio per la dottoressa Mjedra Bajraktari che a sette anni è guarita da un male terribile e che ha deciso di fare prima la volontaria e poi studiare fino alla laurea in psicologia clinica per continuare ad aiutare i bimbi ricoverati in ospedale che spesso devono combattere contro leucemie e cure chemioterapiche molto dure.
Quando mi sono recata all’ospedale di Pristina, lo scorso anno, ho avuto la fortuna di incontrare persone straordinarie: i piccoli guariti con le loro famiglie, volontarie, infermiere e dottoresse e dottori che con forza e passione, ogni giorno, curano i bambini colpiti da leucemie terribili. Appena uscita dall’ospedale ho provato una sensazione che non avevo mai provato prima, mi sentivo davvero forte e coraggiosa e provavo chiara la sensazione che il mio meraviglioso babbo stesse vicino a me e che sorridesse. Da quel giorno, quando ho una giornata no (e ce ne sono tante) cerco di tornare alla sensazione provata in quel momento e aspetto un po’ di pace, chiudendo gli occhi e pensando a tutte le cose buone che stiamo facendo e quelle che, si spera, si possa fare per molto tempo.
Marta Bellaveglia
Sienasociale.it ringrazia Marta Bellaveglia per questa bellissima testimonianza
L’articolo “Da Siena al Congo. La storia di mio padre è nella mia Fondazione” proviene da SIENASOCIALE.