Tanti lettori, soprattutto presidenti di piccole realtà del terzo settore, ci hanno scritto in merito alla riforma sul terzo settore. La domanda, soprattutto per quanto riguarda l’IVA, e’ sempre la stessa: “cambierà qualcosa? Dovremo aprire una partita IVA?”.

Proviamo a fare chiarezza aiutandoci con “Cantiere terzo settore”.

Dal 1° gennaio 2025 gli enti di tipo associativo che svolgono attività di prestazione di servizi o cessione di beni nei confronti dei propri associati dovranno aprire la partita Iva: questo tipo di attività, infatti, diventerà rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.

Questa dicitura e’ molto generale e comprende un po’ tutti.

In realtà, la nostra fonte poi evidenzia: “sono escluse dall’obbligo di aprire partiva Iva le associazioni che non svolgono alcun tipo di attività commerciale rilevante ai fini Iva. Si tratta di associazioni che hanno solo ed esclusivamente entrate tipicamente istituzionali quali, ad esempio: quote associative, erogazioni liberali, contributi pubblici”.

Quindi le realtà che non incassano alcuna somma di denaro derivante dallo svolgimento di attività di natura commerciale, per capirci chi non vende,  non cambieranno nulla anche dopo il 1° gennaio 2025.

In sintesi, potranno continuare ad operare con il solo codice fiscale.

 

L’articolo Iva e terzo settore: per tantissimi non cambia nulla proviene da SIENASOCIALE.IT.

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