Ieri pomeriggio, alle 17, la “Saletta dei Mutilati” era gremita. Già oltre mezz’ora prima dell’ orario la gente ha iniziato ad affluire.
Un incontro interessante e utile per la comunità senese, di cui c’era davvero bisogno, organizzato da “Refugees welcome”, dall’ ANPI in collaborazione con la rete Sisolidal.
“Siena città di frontiera. Diritti negati e pratiche dell’ accoglienza” e’ il titolo dell’evento al quale, in qualità di conferenzieri, hanno partecipato Susanna Florio e Silvia Foschi, dell’ ANPI di Siena, Maria Del Zanna, di Refugees welcome. Ospiti di eccezione Tomaso Montanari, rettore Universita Stranieri di Siena e Mimmo Lucano (sindaco di Riace), attesissimo da tutti.
Non un incontro politico, ma un incontro di umanità. E di quello soprattutto si è parlato.
Tema caldo in questo momento nella città è la presenza di un centinaio di ragazzi pakistani e afghani, in attesa di accoglienza istituzionale, assistiti dal volontariato laico e cattolico.
Bellissima e triste la testimonianza di uno di loro, dal Pakistan, che ha raccontato la sua storia di esule da un paese che lo vedeva come pericoloso in quanto portatore di cultura e libertà, essendo egli un insegnante e avendo messo il suo sapere al servizio di bambini e ragazzi. I suoi occhi si sono riempiti di lacrime vere, quando ha ripercorso il suo inferno.
Ieri non si è parlato di numeri soltanto. Ma di persone vere, giunte in Italia davvero dopo aver attraversato l’inferno. E arrivate qui perché da noi c’è il bene più amato e desiderato: la democrazia.
L’intervento del professor Montanari, lucido e intenso, ha parlato alla mente degli ascoltatori e al loro cuore, mettendo in evidenza quello che a volte si tende a dimenticare: che gli esuli non sono numeri, ma esseri umani.
Citando passi della “nostra” cultura cristiana, del Deuteronomio e del nuovo testamento, oltre che di Primo Levi, ha ricordato a tutti che abbiamo bisogno anche di loro per sentirci tali.
Mimmo Lucano ha narrato con semplicità, forza, passione la sua storia, compreso l’episodio che lo ha visto giudicato e poi assolto dalla giustizia italiana. E non un’ombra di rancore è emersa. Solo un desiderio immenso di fare la cosa giusta, sempre, per l’umanità tutta.
È questa la parola che ha unito ogni intervento. Umanità.
A ricordarci che la nostra cultura non è quella della paura del diverso, dello straniero. Ma quella della condivisione.
Mentre tornavo a casa, dopo questo incontro così costruttivo e denso, ho incontrato proprio alcuni di loro, dei ragazzi pakistani e afghani. E in quel momento ho capito quello che diceva il prof. Montanari poco prima. La paura del diverso basta poco per vincerla. Basta la conoscenza.
Li sto imparando a conoscere, quei ragazzi. Hanno un nome, una storia, un’indole differente. Ciascuno di loro.
Nell’alzare lo sguardo e salutarli, nel parlare con loro e pronunciare i loro nomi, quelle paure ataviche e inutili scompaiono.
Non sono più “i pakistani”, ma sono Shahid, Hakeem, Fahrad, Asif…
E vengono dal mondo, che è nostro quanto loro.
Federica Scaglioso
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